Natale, bambino   o ragnetto   o pennino

che fa radure limpide dovunque

e scompare e scomparendo appare

come candore e blu

delle pieghe montane

in soprassalti e lentezze

in fini turbamenti   e più


Bambino   e vuoto   e campanelle   e tivù

nel paesetto. Alle cinque della sera

la colonnina del meteo della farmacia

scende verso lo zero, in agonia.

Ma galleggia sul buio

con sue ciprie di specchi.

Natale mordicchia gli orecchi

glissa ad affilare altre altre radure.

Lascia le luminarie

a darsi arie

sulla piazza abbandonata

col suo presepio di agenzie bancarie.

Natali così lontani

da bloccarci occhi e mani

come dentro fatate inesistenze

dateci ancora di succhiare

degli infantili geli le inobliate essenze


(Da “Inediti”, in Le poesie e prose scelte, Milano, Mondadori, 1999)

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