I ricchi che diventano più ricchi, i poveri che aumentano di numero e diventano ancora più poveri. È questo, in estrema sintesi, il significato dell’incremento delle disuguaglianze.  Disuguaglianze economiche, di reddito, ma anche sociali e, persino, culturali.

L’Italia, hanno certificato anche le più recenti statistiche dell’Ocse, ha scalato la non invidiabile classifica dei paesi in cui più forte è la disuguaglianza del reddito: al punto da collocarsi al quinto posto tra quelli che tra il 1985 e il 2008 hanno ampliato il differenziale tra ricchi e poveri. Il nostro Paese viene così subito dopo Messico, Usa, Israele e Gran Bretagna. Utilizzando il “coefficiente di Gini” che misura l’ineguaglianza dei redditi (più elevato è l’indice maggiore è la disuguaglianza), l’Italia passa dallo 0,31 di metà Anni Ottanta allo 0,35 di tre anni fa. Il peggioramento, insomma, è netto. Ne emerge un Paese bloccato, privo di dinamismo sociale, che penalizza i giovani e paga un prezzo in termini di minore sviluppo e competitività. Ma di tutto ciò si parla assai poco e, soprattutto, non si mettono in atto politiche di redistribuzione del reddito capaci di invertire la tendenza. Temi sui quali, invece, riflettono approfonditamente due libri scritti da (in)accettabili” poveri – Politiche per le disuguaglianze” saranno al centro dell’incontro e della discussione.

Ne discutono


Maurizio Franzini, Direttore Dipartimento di Economia Pubblica

Università La Sapienza di Roma


Silvia Giannini, Direttore Dipartimento di Scienze Economiche

Università di Bologna


Chiara Saraceno, Sociologa, docente presso Wissenschaftszentrum

für Sozialforschung di Berlino


Pierluigi Stefanini, Presidente Fondazione Unipolis e Gruppo Unipol

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