L. Mastronardi, Il maestro di Vigevano, Torino, Einaudi,1994, pp. 137-140

Sta per cominciare il nuovo anno scolastico. Sarebbe il mio ventesimo anno di scuola, ma in effetti è come se fosse il mio primo anno!

Stamattina sono andato a scuola: vi era la divisione degli alunni. A me sarebbe toccato, fra gli altri, un figlio di industriale.

– Ci stai a cambiarlo con tre figli di artigiani? – mi domandò Amiconi.

– Cosa?

– Tu passi a me il figlio dell’industriale, io ti passo tre figli di artigiani!

– Non ci sto, – dissi.

Quindi mi venne incontro il collega Cipollone: – Il mio figlio di industriale in cambio di due figli di piccoli padroni e del figlio di una…buona donna!

– Il figlio dell’industriale me lo tengo , – dissi.

Arrivò in quella la collega Rapiani: – A me tutta la feccia, – urlò. – Non è giusto che Mombelli abbia tutti i figli di ricchi e io tutta la feccia!

– Io non ho figli di ricchi, – dissi.

– Quanti ne hai di bastardi dell’istituto derelitti?

– Due.

– Io ne ho trentadue, – gridò quella.

– Si arrangi!

– Lei ci ha però quindici figli di artigiani, un figlio di industriale, tre figli di commercianti; non è giusto; facciamo metà e metà.

– I miei scolari me li tengo, – dissi.

Intanto i colleghi si scambiavano gli scolari: il collega Filippi aveva ceduto un figlio di industriale in cambio di quattro figli di artigiani; il collega Pagliani aveva scambiato due figli di artigiani in cambio di due figli di mamma.

– Io ho un figlio di artigiani: sono pronto a scambiarlo con due figli di operai, – urlò Cipollone.

– Ci sto, – dissi.

– ma questi sono operai di terza categoria, io dico operai di prima, – rispose.

Guardammo sui registri: ci avevo anche due figli di operai di prima categoria. – cambio fatto capo ha! – urlò cipollone.

Poi si venne a sapere che quello non era figlio di artigiani, ma figlio di un artigiano passato industriale. Lo disse Amiconi portando “L’Informatore Vigevanese”, alla voce Costituzione Ditte.

– Lo voglio indietro! – urlò Cipollone

Io feci il sorriso del furbone.

– Ti accontento io, – gli disse Amiconi: – ci stai tre figli di quelle donne contro tre figli di operai!

– Ma che me ne faccio io di figli di quelle donne alla mia età –

– Ma sai sono generose quelle donne!

Cipollone tornò da me: – Ridammi il mio figlio di artigiano industriale!

– Cambio fatto capo ha, – dissi.

Avevo tre bambini del Patronato, cioè poverissimi.

– Chi li vuole questi tre bambini di un oriundo ripetente e scemo? – domandai.

Il collega Filippi mi disse di non fare il furbo, – Quelli sono iscritti al Patronato ma ci hanno la televisione, ci hanno! E uno ha pure la giardinetta, ha! te lo dico io che ci ho fatto funzionare la mazza su quella giardinetta!

Scambiai due bambini in cambio di uno ripetente e toccato. – Ci ha una sorella questo! – mi disse Filippi.

– Puoi far funzionare la mazza bene!

Tornò da me la collega Rapiani:

– A che gioco giochiamo? Qui non c’è un povero: o me ne lasci almeno dieci oppure lo dico al direttore!

– Dio me li ha dati, guai a chi me li tocca, – urlai.

La collega Rapiani disse che contava fino a tre.

– Li cambia?

– No

– Per l’ultima volta…

– Cara piccina…no!

La collega Rapiani urlò e arrivò il direttore. – Insomma signor direttore, è giusto che il collega Monbelli abbia trenta bambini abbienti e io quaranta non abbienti?

Quieta non movere et mota quietare , – disse il direttore.

Nel corridoio seguitavano gli scambi.

[…]

Mi ero preparato una bella scuola di piccola, media e alta borghesia. Stavo contemplando il registro, allo schema: “professione del padre”. Arrivò il direttore.

– Signor maestro, ella cederà la sua scolaresca alla mia signora. Ella sarà a disposizione della direzione.

– Va bene, signor direttore, – dissi.

– Sono stato nominato ispettore!

– Gruppo A. Coefficiente 3250! – Borbottò Amigoni.




 

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